BIOGRAFIA

L’infanzia
Gioachino Rossini nasce a Pesaro il 29 febbraio 1792 da Giuseppe, detto Vivazza, suonatore di corno e di tromba nella banda cittadina e nei teatri, e da Anna Guidarini, cantante, che svolse una breve carriera (1798-1808) nei teatri marchigiani e dell’Emilia-Romagna. Gioachino nella prima infanzia segue i genitori nelle tournées. La famiglia si trasferisce a Bologna e nel 1800 Gioachino è affidato a Giuseppe Prinetti che lo avvia agli studi e gli impartisce lezioni di musica su una spinetta.

L’apprendistato
Due anni dopo un nuovo trasferimento conduce i Rossini a Lugo, dove Gioachino prende lezioni di basso cifrato e composizione dal canonico don Giuseppe Malerbi che gli fa conoscere i lavori di Mozart e Haydn, come sembrano testimoniare le “Sei sonate a quattro”, composte nel 1804.
L’apprendistato musicale continua con padre Angelo Tesei; nel 1806 entra nel Liceo Musicale di Bologna, nelle classi di violoncello e pianoforte, e in seguito in quella di contrappunto con padre Stanislao Mattei. Sembra che a questo periodo risalga la composizione della sua prima opera, “Demetrio e Polibio”, scritta su richiesta della famiglia Mombelli, che verrà rappresentata solo nel 1812. È aggregato all’Accademia Filarmonica di Bologna come “cantore” e lì incontra per la prima volta Isabella Colbran, sua futura moglie. Gli anni bolognesi vedono la nascita di due sinfonie dette “Al Conventello” e “Obbligata” a contrabasso, della cantata “Il pianto di Armonia sulla morte di Orfeo” – riferibili al 1808 -, e anche di due composizioni sacre, le Messe di Ravenna e di Milano, seguite l’anno successivo da una Sinfonia a più strumenti obbligati e una Sinfonia concertata.

Il debutto
Il 1810 segna il folgorante debutto di Rossini in campo teatrale. Dal 3 novembre 1810, data di esordio con la farsa “La cambiale di matrimonio” al Teatro San Moisè di Venezia, al 3 febbraio 1823 quando “Semiramide” al Teatro La Fenice chiude la fase italiana della sua carriera, Rossini fece rappresentare oltre trenta tra opere serie, semiserie e buffe, dominando incontrastato la scena.
La carriera ha inizio.

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Cinque opere (sei, se si include “Demetrio e Polibio”, rappresentata a Roma) vedono la luce nel 1812: tre farse date al Teatro San Moisè di Venezia, “L’inganno felice”, “La scala di seta”, e “L’occasione fa il ladro”; la prima opera seria “Ciro in Babilonia, ossia La caduta di Baldassarre” (Ferrara, Teatro Comunale); e una grande opera comica in due atti “La pietra del paragone” con cui debutta al Teatro alla Scala di Milano. La carriera di Rossini prosegue intensamente nell’Italia settentrionale: a Venezia nel 1813, dopo il fiasco clamoroso de “Il signor Bruschino, ossia Il figlio per azzardo”, si riscatta con i trionfi di “Tancredi” e de “L’Italiana in Algeri” mentre “Aureliano in Palmira” cade alla Scala, dove una fredda accoglienza riceve anche “Il Turco in Italia” nel 1814, seguito dallo scarso successo di “Sigismondo” a Venezia.

Il periodo napoletano e i viaggi
Nell’estate del 1815 si trasferisce a Napoli, ingaggiato dall’impresario dei Teatri Reali Domenico Barbaja. “Elisabetta, regina d’Inghilterra”, con protagonista Isabella Colbran, riscuote un clamoroso successo che gli spiana la strada e inaugura la nuova stagione creativa napoletana. Al contrario “Torvaldo e Dorliska”, opera semiseria, viene accolta freddamente a Roma. Il periodo napoletano è puntellato dalle cosiddette ‘licenze romane’, che vedono Rossini occupato nella composizione dei due capolavori buffi per i due teatri principali, l’Argentina e il Valle. Nel primo viene rappresentato “Il barbiere di Siviglia” (titolo del libretto: Almaviva, ossia L’inutile precauzione) nel 1816, e al Valle “La Cenerentola” nel 1817. Per Roma compone anche “Adelaide di Borgogna”.
L’impegno a Napoli, fatta eccezione per l’opera comica “La Gazzetta” del 1816, prosegue con l’opera seria. “Otello, ossia Il moro di Venezia” (1816), “Armida” (1817), “Mosè in Egitto” e “Ricciardo e Zoraide” nel 1818, anno in cui scrive la farsa “Adina” per Lisbona. Nel 1819 altre tre opere serie si aggiungono al catalogo rossiniano: “Ermione”, “La donna del lago” per Napoli e “Bianca e Falliero”, rappresentata a Milano, al Teatro alla Scala. A Venezia presenta un centone, “Eduardo e Cristina” (San Benedetto, 24 aprile). “La Messa di Gloria” viene eseguita nella Chiesa di S. Ferdinando nel 1820, e nello stesso anno “Maometto II” viene accolto da un insuccesso al San Carlo. Dopo un ultimo soggiorno romano in cui rappresenta “Matilde di Shabran, ossia Bellezza e cuor di ferro” (1821), Rossini si congeda da Napoli con “Zelmira” (San Carlo, 16 febbraio 1822). Un mese dopo, a Castenaso, sposa Isabella Colbran e con lei e la compagnia del San Carlo, capeggiata da Barbaja, si reca a Vienna dove viene allestita “Zelmira” e la ripresa di altre sue opere. La carriera italiana di Rossini si conclude trionfalmente con “Semiramide” (Venezia, La Fenice, 3 febbraio 1823). Lasciata l’Italia, dopo una breve sosta a Parigi, il compositore si reca a Londra poi di nuovo a Parigi dove, tranne alcuni lunghi soggiorni italiani, resterà per il resto della vita.

Il periodo francese
Il periodo francese di Rossini si apre nel 1825 con la cantata “Il viaggio a Reims, ossia L’albergo del giglio d’oro” scritta per l’incoronazione di Carlo X. Seguono “Le siège de Corinthe”, radicale rifacimento del “Maometto II”, “Moïse et Pharaon, ou Le passage de la Mer Rouge” (1827), “Le Comte Ory”, dove riutilizza gran parte della musica de “Il viaggio a Reims”. Nel 1827 muore la madre e Rossini ne è profondamente colpito. Lavora a quella che sarà l’ultima sua fatica nel teatro musicale, “Guillaume Tell” (1829), che ottiene solo un “succès d’estime” da parte del pubblico, mentre è esaltata dalla critica e dai musicisti. Carlo X gli conferisce la Légion d’honneur.
Ai primi di febbraio del 1831 si reca in Spagna con l’amico banchiere Aguado. Durante il soggiorno spagnolo Rossini accetta l’invito di scrivere uno “Stabat Mater”. Compone solo sei dei dieci pezzi e, tornato a Parigi, dà l’incarico a Tadolini di completarlo. Lo Stabat in questa versione viene eseguito nel 1833 a Madrid mentre la versione completata da Rossini nel 1841 è eseguita l’anno dopo a Parigi, seguita due mesi dopo dall’esecuzione bolognese diretta da Gaetano Donizetti.

La malattia
Dal 1832 inizia ad avvertire i primi sintomi dell’esaurimento nervoso che lo colpirà gravemente; Olympe Pélissier, cui si era ormai legato stabilmente, gli dedica cure materne. Rossini la sposerà in seconde nozze il 16 agosto 1846.
Pubblica nel 1835 le “Soirées Musicales” scritte negli anni tra il 1830 e il 1835 e scrive altre brevi composizioni. Nel 1837 la separazione da Isabella Colbran viene legalizzata e nel 1845 Rossini assiste sconvolto alla morte dell’ex moglie nella villa di Castenaso, presso Bologna.
Nelle fasi alterne della sua malattia nervosa, compone i “Péchés de vieillesse”, titolo ironico sotto cui raccoglie le sue ultime composizioni.

La villa di Passy
Nella primavera 1859 fa costruire una villa a Passy dove con Olympe alterna il soggiorno parigino al numero 2 della Chaussée d’Antin, sede di accademie musicali. Passy presto diventa luogo di incontro della società musicale internazionale. Qui compone nel 1863 la “Petite Messe solennelle” per soli, coro, due pianoforti e harmonium, eseguita il 14 marzo 1864 in forma privata nel palazzo parigino della contessa Louise Pillett-Will, alla quale la Messa è dedicata. Rossini la strumenterà per grande orchestra nel 1867 ma questa versione sarà eseguita solo il 24 febbraio 1869 dopo la sua morte. Il 21 maggio 1864, il giorno del suo onomastico, la città di Pesaro gli offre solenni festeggiamenti dedicandogli una statua.
Nella villa di Passy il 13 novembre 1868 Rossini spira dopo una grave malattia, mentre Parigi si appresta a tributargli grandi onori per il suo prossimo settantasettesimo compleanno. Viene tumulato nel cimitero di Père Lachaise. La salma è successivamente esumata e trasportata in Santa Croce a Firenze, dove viene tumulata il 3 maggio 1887. Qui, il 13 giugno 1902, viene inaugurato nella basilica di Santa Croce il monumento sepolcrale di Rossini, realizzato dallo scultore Cassioli.

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